Anna Politkovskaja

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Proibito Parlare, di Anna Politkovskaya

Proibito Parlare è una raccolta di articoli scritti dalla giornalista russa Anna Politkovskaya. Il libro raccoglie testimonianze sulla situazione post-guerra della Cecenia, sulla Russia contemporanea e sulle stragi della scuola di Beslan e del teatro Dubrovka, coprendo un periodo che va dal 2002 e al 2006, anno dell’assassinio della giornalista per mano di un sicario.

Proibito Parlare di Anna Politkovskaja

Cover via Amazon.it

Sono molto affascinato dalla figura della Politkovskaya e ammiro enormemente il suo impegno e la sua lotta contro le ingiustizie. Gli articoli del libro fanno trasparire proprio questo: un impegno civico nella denuncia delle violenze perpretate in Cecenia e in Russia, un modo di fare giornalismo crudo e asciutto, anche nella prosa, sempre diretta e minuziosa.

Le storie raccontate nelle pagine di questo libro sono tragiche e drammatiche, e non di facile lettura. Si passa in poco tempo dall’orrore delle atrocità più becere alla compassione per le vittime innocenti, attraverso racconti di torture, esecuzioni, giustizia inefficiente e corruzione. Immagini sbiadite della strage al teatro Dubrovka riaffiorano alla mente quando leggo queste parole:

Gli ultimi giorni sono passati nel delirio più completo. Mosca seppellisce gli ostaggi. Oggi, ieri, domani. È insopportabile… I defunti hanno i volti tranquilli, per nulla deformati dalla morte, come se fossero addormentati; in effetti li hanno addormentati: la nostra nazione ha soltanto calcolato male la dose…

Stesse impressioni per quanto riguarda la strage della scuola elementare di Beslan, in cui persero la vita almeno 186 bambini:

Nessuno di noi si trovava in quel locale, gli ostaggi non eravamo noi. Chi non c’era, non può giudicare chi c’è stato. Di questo sono certa. Ma ora si è verificato un fatto assurdo: le famiglie delle vittime della scuola n. 1 hanno lanciato in pubblico pesantissime accuse contro gli insegnanti-ostaggi sopravvissuti. […]  “Si sentirebbero meglio se fossimo stati uccisi anche noi” dice Elena Sulidinovna, che si trova in uno stato di depressione e sconforto. “Cosa hanno fatto di così grave gli insegnanti in palestra? Stavano seduti e aspettavano la morte. Come tutti gli altri.”

Terribili istantanee di crudeltà, miseria e abbandono, che la Politkovskaya riporta dettagliatamente. Meritano di essere lette, se non altro per portare rispetto a chi ne è stato protagonista, e a chi le ha scritte, per ricordarci come barbarità del genere possano ancora accadere in paesi moderni. La Politkovskaya scriveva infatti: “Il mondo teme una proliferazione nucleare incontrollata – io invece temo l’odio.” L’odio dettato dall’ignoranza e dall’egoismo.

Un buon punto di partenza per conoscere la figura di Anna Politkovskaya è rappresentato dalla puntata dedicatale da “La Storia siamo noi”, che potete trovare integralmente in rete. Unico difetto: Giovanni Minoli. Mi sento male al solo pensiero di accostare questo “giornalista” a una vera giornalista come Anna Politkovskaya, che trattò addirittura con i terroristi del teatro Dubrovka, e l’avrebbe fatto anche alla scuola di Beslan, se non fosse stata avvelanata durante il volo che la portava là.

La mia vita è difficile, certo, ma è soprattutto umiliante. A 47 anni non ho più l’età per scontrarmi con l’ostilità e avere il marchio di reietta stampato sulla fronte. Non parlerò delle altre gioie del mio lavoro – l’avvelenamento, gli arresti, le minacce di morte telefoniche e online, le convocazioni settimanali nell’ufficio del procuratore generale per firmare delle dichiarazioni su quasi tutti i miei articoli. Naturalmente gli articoli che mi presentano come la pazza di Mosca non mi fanno piacere. Vivere così è orribile. Vorrei un po’ più di comprensione. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo.

Eppure continuava il suo dovere di giornalista. Per questo merita il mio rispetto.

Potete trovare Proibito Parlare su Amazon.it, insieme a molti altri libri che raccolgono tutto il suo lavoro.

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