San Antonio Spurs

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Introduzione incompleta ai San Antonio Spurs

I San Antonio Spurs hanno vinto il campionato NBA 2013-2014 e non posso fare a meno di essere contento. No, non perchè io detesti Lebron James o i Miami Heat (tutt’altro!), semplicemente perchè gli Spurs sono, detto in modo molto chiaro, una squadra magnificamente allenata e tremendamente competitiva.

Prendiamo un po’ di cifre dei loro playoffs, come giustamente sottolineato da Zach Lowe, la superiorità dimostrata dagli Spurs nei confronti degli avversari è sorprendente:

Rk Team ORtg DRtg
1 Houston Rockets 114.8 114.4
2 San Antonio Spurs 114.2 104.2
3 Los Angeles Clippers 113.3 111.3
4 Miami Heat 112.8 110.8
5 Brooklyn Nets 110.5 112.0
6 Golden State Warriors 110.2 114.8
7 Dallas Mavericks 110.0 112.1
League Average 108.7 108.7

Gli Spurs hanno superato i loro diretti avversari di ben 10 punti per cento possessi, in tempi recenti solo una certa squadra (il cui record nei playoffs è stato 15-1) ha saputo fare di meglio. Esclusa la serie contro i Dallas Mavericks (in cui bisognerà capire le magie attuate da Rick Carlisle) poche altre squadre hanno creato grattacapi a Duncan e compagni. Certo, i Miami Heat versione 2013-14 non sono assolutamente paragonabili a quelli dell’anno scorso, idem per quanto riguarda gli Oklahoma City Thunder, privati temporaneamente di una pedina importante come Serge Ibaka. Tuttavia queste sono variabili imprevedibili, che fanno parte del gioco e non sminuiscono di certo il lavoro fatto dalla squadra.

Ebbene, come sono riusciti a conquistare questa apparente perfezione? Difficile dare una risposta esaustiva: anni e anni di impegno certosino nella costruzione di un gruppo coeso e di ambiente sano e vincente hanno giustamente dato il loro contributo, ma è il lavoro dello staff degli allenatori che ha posto le basi per quello che oggi è ritenuto “The Beautiful Game“. Gregg Popovich è considerato l’artefice di questo successo, ma non vanno dimenticati tutti i vari assistenti allenatore: Mike Budenholzer, Brett Brown, Chip Engelland, Hank Egan, solo per citarne alcuni.

Nel 1999, anno del loro primo titolo, i San Antonio Spurs erano molto diversi rispetto ad oggi. Timothy aveva solo 23 anni e nel quintetto iniziale era affiancato da David Robinson, “The Admiral”, formando assieme a lui un frontcourt decisamente imponente. Attacco e difesa degli Spurs passavano necessariamente da questi soggetti: due lunghi capaci nel pick & roll, ottimi passatori (Robinson è quello della quadrupla-doppia!) e letali nel post, dove erano in grado di punire le difese in un infinita varietà di modi.

Il loro stile di gioco era totalmente distante da quello odierno, con la palla molto spesso in post basso: un tipo di gioco lento, capace di generare pochi tiri da tre e che dipendeva in parte dalla bravura tecnica e dalla fisicità di Duncan e Robinson.

Con il passare del tempo la NBA si è evoluta, e con essa lo stile di gioco di molte squadre: il tiro da tre ha acquistato un’importanza sempre maggiore nell’economia dell’attacco, l’eliminazione dell’hand-checking e della difesa illegale (sostituita dai tre secondi difensivi) ha sostanzialmente aperto il campo di gioco, i Detroit Pistons versione 2004 e i Boston Celtics versione 2008 hanno ridefinito canoni difensivi in grado di far vincere campionati. In tutto questo i San Antonio Spurs hanno saputo fare acquisti mirati e sviluppare il materiale a loro disposizione, evolvendo e migliorando ogni anno il loro roster. Gli Spurs hanno adottato quindi uno stile di gioco veloce, fatto di continui pick&roll, regolato da Tony Parker e galvanizzato dalla creatività di Manu Ginobili. Parallelamente al declino fisico di Duncan (che comunque rimane ancora una figura centrale, soprattutto nella difesa), l’attacco è diventato molto più perimetrale, “europeizzandosi” lentamente.

Il risultato è oggi sotto i nostri occhi: una macchina offensiva ben oliata, basata sul movimento continuo della palla, sulla capacità di generare tiri da tre aperti (soprattutto dagli angoli), di attaccare il ferro indisturbati, di punire i mismatch, in pratica di liberare la creatività cestitica e le potenzialità tecniche degli interpreti al fine di produrre i tiri più favorevoli. Non c’è nulla di molto complicato in uno stile di gioco del genere: proprio questa caratteristica lo rende difficile da difendere, a causa della sua imprevedibilità e delle tante forme in cui può manifestarsi. L’attacco si adatta al roster e il roster si adatta all’attacco: ogni singolo giocatore possiede capacità che possono essere sfruttate da questo sistema.

L’esempio migliore di tutto ciò è costituito da uno dei “sets” offensivi più celebri degli Spurs: quello comunemente definito Loop.

Il principio è semplice: il playmaker (1) passa la palla a un giocatore che sale dal fondo (2) e che la riceve in cima all’arco dei tre punti, il playmaker sprinta poi verso il fondo sfruttando i blocchi degli altri giocatori (3, 4, 5) e riceve di nuovo la palla, solitamente sul lato opposto. Da lì poi l’azione può evolvere in mille modi (questi sono solo alcuni):

-(1) attacca direttamente il canestro, se in vantaggio rispetto al difensore.
-(4) porta un blocco a (3) che taglia verso il lato sinistro per una tripla dall’angolo.
-(5) sale e porta un blocco cieco a (2) che taglia verso il lato destro per una tripla.
-(2) ignora (1) sul lato sinistro, (5) porta un blocco a (3) che taglia sul lato destro per una tripla dall’angolo.

Ora vi invito a guardare il video a ripetizione e ad ammirare questo: notate come Parker passi nei blocchi in maniera sempre diversa, cambiando frequentemente velocità e direzione, non facendo mai la stesso percorso. Le squadre avversarie conoscono ovviamente questo set, eppure guardate come le difese collassino, costringendo tutti a ruotare (spesso malamente), liberando linee di passaggio per Splitter e Duncan verso il canestro o per Green e Ginobili dall’arco. La libertà che viene data agli interpreti dell’azione genera occasioni. La grandezza in tutto ciò sta nel fatto che al posto di Parker ci sono anche Neal, Mills, De Colo (il video è della stagione scorsa, altrimenti ci sarebbe anche il nostro Marco Belinelli): chiunque può contribuire in questo sistema e sfruttarlo in modo da fare canestro. Le varianti di questo schema sono moltissime e coinvolgono in modo diverso tutti gli interpreti.

Una variante di cui si è molto parlato è quella nota come Hammer, per via della sua intrinseca spettacolarità nello sfruttare il tiro migliore della pallacanestro: la tripla dall’angolo.

(1) riceve la palla su un lato, (4) porta un blocco che funge da “esca” per la difesa, (1) ignora il blocco e attacca il canestro verso il fondo, il difensore di (5) è costretto a ruotare per contenere la penetrazione, (5) (ossia Duncan, il miglior bloccante della squadra) porta un blocco cieco a (3) che riceve un passaggio con precisione chirurgica dal lato opposto per una tripla dall’angolo. Splash.

Ancora un altro, visto che ormai è come guardare del porno in forma di basket. Gli Spurs utilizzano (insieme ad altre squadre NBA come Warriors e Hawks) un set chiamato Motion Weak, in grado di dare ai giocatori una sfilza di possibilità consecutive per fare canestro.

Andiamo con ordine:
-(1) passa la palla all’ala (2) sul lato forte, e poi taglia verso il lato debole (da qui il termine “Weak”).
-(2) può decidere di passare la palla a (1) mentre taglia, se questa opzione non è disponibile può passare la palla a (4), il lungo a rimorchio.
-(1) e (3) si incrociano e tagliano verso direzioni opposte, uno dei due porta il blocco all’altro, se uno dei due è libero (4) può passargli la palla.
-se nessuna delle soluzioni precedenti viene usata, la palla ritorna ad (1) sul lato debole.
-qualora (1) non riuscisse a ricevere il passaggio, (4) ridarà la palla a (2) e andrà a bloccare su (3), che dopo il taglio si trova sul lato forte.
-se (1) riceve la palla sul lato debole, (3) può bloccare per (5) (ricordiamoci che è sempre Duncan, tutt’ora il miglior giocatore in post della Lega), il quale riceve in post la palla, dove può attaccare o passare per un tiro da tre.

Nonostante tutta questa spiegazione spero che il concetto sia chiaro: gli Spurs occupano alla perfezione lo spazio di gioco e attraverso un movimento continuo di uomini e palla cercano i tiri più efficienti possibili. Ciò non significa eseguire meccanicamente e a pappagallo dei movimenti: significa usare uno schema e reagire in modo diverso a seconda della situzione, sfruttando tutte le armi a propria disposizione. Ciò permette ad ogni giocatore di esprimersi al meglio: Ginobili può isolarsi e andare uno contro uno, Kawhi Leonard si esibisce in quelle triple in transizione tanto care anche a Mills, Boris Diaw invece (uno dei miei giocatori preferiti)  può dare libero sfogo alle suqe qualità di tuttofare, sfruttando una visione di gioco da playmaker puro.

Questa è solo un introduzione a una squadra complessa e divertente come i San Antonio Spurs, ci sarebbero ancora tantissime cose da dissezionare (neanche un accenno alla difesa!). Non riesco ovviamente a dirvi cosa ci riserverà il futuro. Le squadre NBA attraversano cicli di successo e sconfitte, ma se gli Spurs continueranno a lavorare in questo modo ne sentiremo parlare per lungo periodo in ottimi termini.

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